PESSAKH 5784: 19 LEZIONI

21 Aprile 2024 2 Di HaiimRottas

PESSAKH: Festival della libertà!

dal 22 Aprile (vigilia) al 30 Aprile 2024.

15 Nissàn 5784  23 Aprile 2024 Pésach – 1° giorno
Nel Musàf: “Morìd hattàl”

PARASHÀ
1° Sefer Es. 12,21-51
2° Sefer Num. 28,16-25

HAFTARÀ
Italiani: 5, 2-6, 1. 27
Sefarditi: Giosuè 5, 2-6, 1
Ashkenaziti: Giosuè 3, 5-7; 5, 2-6, 1. 27

16 Nissàn 5784  24 Aprile 2024 Pésach – 2° giorno

PARASHÀ
I° Sefer Lev 22:26 – 23:44
II° Sefer Num 28:16-25

HAFTARÀ
Italiani: Re II 23:1-9; 21:30
Sefarditi/Ashkenaziti:
Re II 23:1-9; 21:25

19 Nissàn 5784  27 Aprile 2024 SHABBAT HOL a MOED Pésach – 5° giorno

PARASHÀ

I° Sefer Shemot 33,12-23; 34, 1-26

II° Sefer Num 28:19-25

HAFTARÀ

Ezechiele 37, 1-14

21 Nissàn 5784  29 Aprile 2024 Pésach – 7° giorno

PARASHÀ
I° Sefer Es. 13:17 – 15:26
II° Sefer Num 28:19-25

HAFTARÀ
II Sam. 22:1-51

22 Nissàn 5784  30 Aprile 2024 Pésach – 8° giorno

PARASHÀ
I° Sefer Deut 15:19 – 16:17
II° Sefer Num 28:19-25

HAFTARÀ
Is 10:32 – 12:6

5° FIGLIO

L’ Haggadà menziona quattro figli alla tavola del Seder. Nella nostra generazione, però, troviamo un quinto figlio, quello che, ahimè, il Seder non lo fa nemmeno, non presenzia nemmeno fisicamente a tavola.

Abbiamo questa settimana tempo per cercare questo quinto figlio e riportarlo alle sue origini e farlo rientrare nei quattro figli ovvero dentro la tradizione di sedersi sulla tavola del Seder.
È a questo figlio (nostro o di qualcun altro, poiché siamo tutti responsabili l’uno per l’altro) che dobbiamo rivolgerci, in qualunque modo possibile, per incoraggiarlo, anche stando alle sue condizioni se necessario, ad “abbracciare” ancora le tradizioni e le pratiche familiari.

Il prossimo anno a Gerusalemme!
In passato il refusnik sovietico Natan Sharansky gridò, come è noto, in un tribunale Sovietico, “al popolo ebraico io dico… Il prossimo anno a Gerusalemme!” Questo è stato il grido di chiamata a raccolta attraverso le generazioni. Noi finiamo il Seder con quest’affermazione. Non significa che vogliamo dover aspettare fino al prossimo anno per essere a Gerusalemme! Invece, saremo lì prima di allora e quindi, a maggior ragione, ci troveremo già lì il Prossimo Anno!

LA STORIA DI PESSAKH in chiave MODERNA
Tanto tanto tempo fa, gli ✡erano ⛓ in  dove dovevano ⛏ duramente tutto il giorno. Mosè andò dal Faraone, trasformò il suo  in un  e : Lascia andare il mio❗
Il Faraone ‼. Allora il Signore D-o mandò le  piaghe: ,☠,,☄,.
Alla fine il Faraone : Andatevene via da qui ❗ Andate via come volete, con ✈ oppure con il  basta che ve ne andiate❗
Gli ✡ presero tutti i loro  in  e provarono a cucinare del   ma ebbero pochissimo   ed il  non lievitò. Allora, gli ✡ corsero verso il , ma oh no! Gli  cambiarono idea e iniziarono a seguire gli ✡ con l’intento di ⚔, ma furono bloccati dal . Gli ✡ invece, riuscirono a attraverso le  del , le quali si richiusero immediatamente, impedendo agli  di passare. Miriam  e tutto il popolo  e .
Successivamente vagarono nel ⛺ fino a quando arrivarono al  Sinai e ricevettero i  .
Oggi noi  tantissimo   (ma non il ) e beviamo !  Invitiamo le  a  per fare il Seder.
Noi : ” Un  che mio  comprò per 2 , ma venne il
 che mangiò il  che mio  comprò per 2 , poi venne il  , il , il e l’  e  e lo , l’angelo della  e alla fine il S. D-o. La serata è stata lunga, tutti stanno per  perché è  quindi andiamo a .
L’anno prossimo a !!

ANCHE IL TIMIDO PARLA

La parola Pesach, si può dividere in due e leggere come Pe – Sach, che vuol dire anche “bocca che parla”… Perché è così importante la parola in questa festa? Perché occorre far parlare bene la nostra bocca? Perché dobbiamo essere preparati al compito di narrare e spiegare i grandi miracoli che il Padre Eterno ci ha fatto durante l’uscita dall’ Egitto. Durante tutti i giorni di Pesach, ma in special modo la sera del seder, ai nostri figli e ai nostri ospiti.
Affinché questo avvenga dobbiamo riempire noi stessi (il nostro “serbatoio”) di conoscenza di Torà e Talmud onde evitare che il “motore”, la nostra sapienza, rimanga senza benzina…..
Un po’ di benzina per il nostro serbatoio dove impariamo che l’anima non si nutre solo di grandi studi; una storia può darci un insegnamento d’oro…, grandi concetti, ma anche dai piccoli particolari… tanto che si potrebbe arrivare ad affermare che Il senso di una mitvà si nasconde nei dettagli…

L’IMPORTANZA DELLE TRADIZIONI
La famiglia Shapiro si sta preparando per la Bedikàt chamètz (la ricerca del pane lievitato prima dell’inizio di Pesach).
“Andiamo, Yossi!”, Shmulik incita suo fratello minore: “Nascondi ora i tuoi pezzi di pane”.
Ma Yossi sta facendo tutto con calma. “Benny”, si rivolge Yossi all’altro suo fratello, mormorando: “Hai forse nascosto uno dei tuoi pezzi di pane dietro il frigorifero, o quello è di Lea?”
“Dai, andiamo avanti con questa cosa!”, si lamenta Shmulik: “Ci state impiegando troppo tempo”.
“Shmulik”! Urla il signor Shapiro dall’altra stanza.
Shmulik lascia i fratelli più piccoli e si dirige verso la stanza del padre. “Shmulik, siediti accanto a me”, dice il padre gentilmente. “Vorrei spiegarti qualcosa di importante.
“Quest’anno hai deciso di essere troppo grande per nascondere i pezzi di pane”? Questo mi può stare anche bene, ma non dovresti scoraggiare così i tuoi fratelli piccoli. Nascondere i pezzi di pane è una parte fondamentale della bedikàt chamètz”.
Shmulik gli risponde “Ma Papà, il nostro maestro della Yeshiva ci ha detto che la mitzvà consiste nell’esplorare la casa e che nascondere i dieci pezzi di pane è solo un minhag, un’usanza. Non siamo neppure obbligati a trovare qualcosa”.
“Shmulik, quando dici “è solo un’usanza” sembra quasi che togli importanza all’azione stessa. In realtà, i minhaghìm sono molto significativi. Possiamo capire la loro importanza dalle Quattro Domande della sera del Seder”.
”Le quattro domande?” si meravigliò Shmulik. “Come?”
Il padre prese due libri di Haggadot dal ripiano, uno per lui e l’altro lo diede a Shmulik. Il padre continuò dicendo “Ora leggerò le domande dalla mia Haggadà e tu seguirai dalla tua”. Il signor Shapiro cominciò a leggere: “Ma nishtana… shebechol haleilot ein anu matbilin…”
“Papà”, lo interruppe Shmulik. “Stai leggendo le domande così come le diciamo al Seder, ma nella Haggadà che mi hai dato le domande seguono un ordine differente……!”
“Giusto”. Rispise il padre. “Vedi, alcune Haggadòt ordinano le domande secondo il livello delle mitzvòt. Prima viene la mitzvà mideoraita (comandata dalla Torà stessa, come mangiare la matzà). Poi c’è la domanda legata al maror, perché ai nostri tempi è una mitzvà miderabbanan (comandata dai nostri Saggi). Infine ci sono le domande sui minhaghìm, l’usanza di intingere il maror e il carpas e quella di poggiarsi sul gomito in segno di libertà”.
“Ciò ha senso”, disse Shmulik. “Allora perché lo leggiamo in modo differente?”
Rispose suo padre. “Perché una delle mitzvòt più importanti del Seder è Vehigadita levinchà. Quella dove i figli dovrebbero porre domande e noi dovremmo rispondere e raccontare tutto ciò che è legato alla festa di Pésach”.
Shmulik domandò “Cosa chiedono i figli?”.
Il padre gli rispose “Cose che li impressionano. Molti bambini sanno che devono mangiare la matzà e il maror a Péssach, ma ciò che li impressiona veramente è la cura che ognuno mostra per i diversi dettagli di queste usanze. Questi minhaghìm aumentano la curiosità dei bambini, perciò pongono domande su di essi prima di tutto. E quando chiedono, noi rispondiamo ed essi imparano. Quindi vedi, i MINHAGHÌM SONO MOLTO IMPORTANTI. Essi SONO IL FONDAMENTO DELL’EDUCAZIONE DI UN EBREO…!”.
COME VIVERE LA REDENZIONE AL PRESENTE
I Saggi affermano: “In ogni generazione una persona è obbligata a vedere se stessa come se fosse uscita dall’Egitto in quello stesso giorno”.
In tutte le generazioni, durante l’Hagadà, il padre non dice al figlio “Hashem ha fatto tali miracoli per i nostri padri quando uscirono dall’Egitto”; invece, come insegna il passùk, il PADRE DICE AL FIGLIO: “Hashem ha fatto miracoli per me, quando uscii dall’Egitto”.
Certamente il padre che sta raccontando ciò al figlio non è mai stato in Egitto. Ma il passùk insegna che egli deve sentirsi come se lui stesso avesse vissuto l’esperienza dell’uscita dall’Egitto, come se fosse stato lì.
Come può un ebreo sentirsi fuori dall’Egitto? Possiamo spiegare il passùk in due modi:
1) Se Hashem non avesse portato i figli d’Israèl fuori dall’Egitto, oggi non saremmo più ebrei. Il nostro popolo si sarebbe perduto spiritualmente assimilandosi con gli egiziani. Questo riguarda ognuno di noi personalmente.
2) Anche prima della nostra nascita, le nostre anime soffrivano a causa della tumà (impurità) dell’Egitto. Al momento della redenzione, anche le nostre anime furono liberate. Perciò, furono pronte a ricevere la Torà sul Monte Sinai. Ciò riguarda l’anima di ogni ebreo in tutte le generazioni.
Anche oggi viviamo l’esilio in Egitto, il luogo dove siamo “schiavi” del mondo tecnologico, schiavi dei falsi bisogni della vita materiale, schiavi delle idee di massa che sono ben lontane dalla nostra “Patria”, Torà; siamo ‘schiavi’ di una società a noi estranea che progressivamente tende ad allontanarci dagli usi della vita ebraica.
Approfittiamo della festa di Pésach per allontanarci dall’Egitto spirituale in cui viviamo, leghiamoci ai nostri ideali, alle nostre tradizioni e alla nostra Torà. Solo così sentiremo veramente di essere liberi e questo porterà la vera e ultima redenzione al più presto nei nostri giorni, Amèn.

SEDER DI PESACH A DACHAU!
Come Un “Rebbe” Ha Creato La Speranza Nelle Circostanze Più Difficili

27 MARZO 1945.
Sopravvissuto all’olocausto Solly Ganor, residente a Herzelia, Israele, ha scritto una storia favolosa su un seder di Pasach che ha vissuto 70 anni fa. Il seder ha avuto luogo il 27 marzo 1945 a Dachau, il famigerato campo di concentramento dei nazisti יש”ו.
All’epoca era un giovane, uno schiavo che lavorava nel campo della morte dove morirono centinaia di migliaia di ebrei.
Ecco come Solly ha raccontato la storia:
È la storia di un uomo che ha fatto la differenza anche mentre abitava nell’inferno nazista. Non sapevamo come si chiamava questo santo uomo. Lo conoscevamo solo come “Rebbe” (guida, maestro) che veniva dal Ghetto di Lodz e che prima di arrivare a Dachau era stato ad Auschwitz. Non abbiamo mai scoperto se era davvero un rabbino, ma comunque tutti noi lo chiamavamo: “Rebbe”. Forse, perché conosceva a memoria tutte le preghiere e ci aiutava sempre a mantenere la fede nel Creatore anche a Dachau.
Questo Maestro di Lodz organizzò la festa di Purim e quasi ci fece uccidere dalle guardie tedesche. Una sera, il “Rebbe” venne a trovarci nella nostra baracca.
Burgin, il responsabile ebreo di tutti i Kapò, gli diede il compito di seppellire i morti, una mansione molto impegnativa, poiché morivano sempre più prigionieri. Era un lavoro terribile, ma era meglio che portare cento sacchi di cemento sulle spalle ogni giorno. Il “Rebbe” si faceva chiamare “Chevra Kadishà” (organizzazione ebraica di uomini e donne che si prendono cura della preparazione e sepoltura di salme secondo la tradizione ebraica), poiché si occupava delle salme e diceva il “Kaddish” dopo ogni sepoltura, cosa che gli è valsa il nostro rispetto.
Tutti lo consideravano strano, ma era un uomo gentile e sorrideva sempre e in quel contesto tragico, era un motivo per pensare che fosse un po’ matto.
Nelle ultime settimane, la nostra situazione si era deteriorata. La zuppa acquosa che di solito ci preparavano a pranzo era diventata ancora più acquosa, la porzione giornaliera di pane era diventata ancora più sottile e sempre più di colore verde muffa. Più gli alleati si avvicinavano e più i sorveglianti tedeschi diventavano nervosi e crudeli, ci picchiavano in ogni occasione. Sapevamo che gli alleati erano da qualche parte in Germania, ma non sapevamo se saremmo riusciti a resistere fino alla liberazione del campo. Una sera, mentre eravamo seduti intorno alla piccola stufa di ferro della nostra baracca, cercando di riscaldarci, il “Rebbe” entrò. Puzzava di morto e noi conoscevamo bene quell’odore. Improvvisamente ci disse “Yidden, peisach kumt in tzvelf teg un men darf baken matze” – “Ebrei, Pesach arriverà tra dodici giorni, dobbiamo preparare le matzot” (ha parlato in un dialetto yiddish diverso dal nostro consueto yiddish con accento lituano, quindi a volte era difficile capirlo. Aveva anche la strana abitudine di chiamarci “Yidden”, invece che con il nostro nome).
Lo abbiamo guardato molto stupiti per questa pericolosa iniziativa. In realtà, dopo l’incidente avvenuto con il “Rebbe” a Purim, non eravamo troppo sorpresi del fatto che sarebbe venuto fuori con un’altra idea pazza.
Poi, dopo uno sguardo furbo, agitò l’indice verso di noi e ci disse: “Lasciate che vi dica Yidden; presto celebreremo non solo Yetziat Mitzraim MA ANCHE Yeztiat Deutschland” (“Presto celebreremo non solo l’esodo dall’Egitto, ma anche l’esodo dalla Germania”). Disse questo e poi fece una breve risata acuta.
Abbiamo pensato che la sua affermazione “Esodo dalla Germania”, invece della liberazione, fosse parte del suo strano comportamento. “Dalla tua bocca alle orecchie di Dio, ma come diavolo sai che Pesach è tra dodici giorni?” Chiese mio padre sorpreso.
“Lo so perché sono quattro giorni prima della fine di marzo!” Disse trionfante! La sua precisa conoscenza delle festività ebraiche per noi non aveva alcun senso. Noi che sapevamo a malapena che giorno fosse, figuriamoci se ricordavamo le date delle feste.
“E dov’è questo esodo che ci porterà dalla Germania, attraverso il Mar Rosso, verso la terra promessa?” Chiese Chaim ironicamente. “No, attraverseremo il Mediterraneo verso la terra promessa, giovanotto,” rispose tranquillamente il “Rebbe”. Ci siamo guardati l’un l’altro. Forse le sue idee non erano così pazze. Tutti noi pensavamo che, se fossimo sopravvissuti a quel purgatorio, l’unico posto rimasto per noi era la terra di Israele (conosciuta all’epoca come Palestina).
“Allora, che ne dici di un po’di farina? Preparerò le matzot e farò la benedizione giusta per renderle kosher “, disse, sfregandosi le mani. “Per l’amor di Dio, Rebbe, dove ti aspetti che prendiamo la farina? Qui siamo tutti affamati e per di più ci porti le tue idee folli”, disse uno dei prigionieri con voce irritata.
“Senti, se vuoi avere un esodo dalla Germania, dobbiamo avere le matzot”, disse, testardamente. “O non ci sarà un esodo dalla Germania,” disse, alzando il mento. Poi improvvisamente mi puntò il dito contro e disse: “Tu che lavori nelle cucine, portaci la farina!”
Lo guardai stupito. Mio padre si era davvero arrabbiato con lui e gli urlò contro. “Vuoi che mio figlio rischi la sua vita per rubare la farina dai tedeschi per le tue Matzot?”
“Per le nostre matzot”, disse il “Rebbe” con calma. “Tuo figlio è l’unico che può ottenere la farina.” Pensai alla cantina della cucina tedesca, dove erano conservati i prodotti alimentari. Non era solo chiusa a chiave, ma il cuoco era sempre in giro. Non potevo entrare in cantina, ma se avessi avuto questa possibilità, avrei “rubato” del cibo, per sopravvivere.
Il “Rebbe”, come se percepisse i miei pensieri, alzò la mano e disse: “Ho qualcosa che può aiutarti a ottenere la farina”, e tirò fuori da sotto l’ascella un piccolo straccio legato con un filo. Lo slegò con cura e tirò fuori due oggetti. Li mise sul palmo sinistro e me lo infilò sotto il naso. Mi ritrassi disgustato. Erano due denti maleodoranti con un po’ d’oro attaccato.
Eravamo tutti sbalorditi. Sapevamo tutti che seppelliva i morti. Quando vide i nostri sguardi sorrise. “Non è quello che pensate. Non ho preso nessun dente dai morti. Fu Zundel a darmelo prima che morisse. Gli ho promesso che avrei scambiato i denti con farina per fare le matzot per il Seder di Pesach. Non volete che io rispetti la promessa che ho fatto a un ebreo morente?” disse con sguardo forte.
“Non capite? Pesach è la festa della nostra libertà dalla schiavitù… non dobbiamo più essere schiavi dei nazisti. Sapete benissimo che questa potrebbe essere la nostra salvezza e la porta per il nostro esodo dalla Germania”.
Ottenere la Farina
Fino ad oggi, non so come ho accettato la pazza idea del Rebbe. Allora la religione era l’ultima cosa che passava nelle nostre menti, date le circostanze. In una certa misura, abbiamo accusato Dio di ciò che è successo agli ebrei in Europa. C’era una frase nell’Haggadà nel paragrafo VEHI SHEAMDA che ci irritava: “In ogni generazione i nostri nemici si alzano per distruggerci, ma l’Onnipotente ci salva sempre dalle loro mani.” Di certo, ora, non ci stava salvando tutti …
Il giorno dopo, ho portato i denti d’oro con me nella cucina tedesca, dove lavoravo. Il cuoco era un vecchio tedesco meschino che ogni giorno ci malediva mentre ci colpiva con il suo mestolo di ferro. Ma non ci ha mai fatto davvero del male. Come dovrei avvicinarmi a lui? Cosa dovrei dirgli? “Qui ci sono due denti d’oro estratti da un ebreo morto. Potresti darmi un po’ di farina per preparare alcune matzot per Pasach? “Probabilmente mi avrebbe consegnato alle SS per essere fucilato.
Più ci pensavo, più sembrava folle. Alla fine, ho deciso di abbandonare l’idea. Quando il cuoco mi ha visto mi ha detto: “Puoi iniziare a pulire la sala mensa e poi il bagno.” Il suo tono di voce era molto più mite del solito. Ho sentito una differenza nella sua voce. Mentre mi parlava, continuava a guardare il cielo. Improvvisamente uno squadrone di aerei da caccia americani tuonò sui tetti. Li ho visti girare verso i binari della ferrovia e ho sentito i loro cannoni sparare, seguiti da forti esplosioni. Devono aver attaccato un bersaglio vicino. È stato uno spettacolo incredibile e mi ha fatto saltare il cuore dalla gioia. Il cuoco quasi svenne per lo spavento e corse giù nella cantina dove era conservato il cibo. Gli corsi dietro, ma iniziò a gridare: “Fuori! Esci! Esci! Ti ho visto gongolare quando gli aerei sono arrivati”. Mi ha urlato.
Sono uscito rapidamente dalla cantina sperando che si calmasse un po’. Ho fatto un grosso errore facendolo arrabbiare. Poi l’ho chiamato e gli ho detto: “Avevo paura degli aerei, per favore perdonami”, ci siamo guardati l’un l’altro. Potevo vedere nei suoi occhi che entrambi stavamo pensando la stessa cosa: “Presto gli americani saranno qui”.
Fu allora che, improvvisamente, tirai fuori la storia della festa di Pesach e della farina per preparare le matzot. Era come se il “Rebbe” avesse preso il controllo della mia lingua e mi avesse fatto dire quelle cose. Poi aprii lentamente lo straccio che il “Rebbe” mi aveva regalato e gli allungai i due denti d’oro.
Per un po’ il cuoco mi guardò come se fossi impazzito. Poi ho intravisto come della gratitudine nei suoi occhi e improvvisamente mi domandò: “Era durante la Pasqua che il nostro salvatore Yashke (il fondatore del cristianesimo) sedeva con i suoi discepoli e mangiava il pane non lievitato nell’ultima cena? Il pane non lievitato è ciò che voi ebrei chiamano matzot?”.
È stato il mio turno di essere sorpreso. Sapevo che era un cattolico osservante dato che portava al collo sempre una croce e che gli ho visto fare il segno della croce più volte, quando gli aerei americani sono arrivati. Questa è stata una svolta del tutto inaspettata degli eventi.
Il cuoco continuò e disse: “Da bambini ci è stato insegnato che Yashke era sempre associato ai problemi del popolo ebraico. Ma se Yashske può aiutarci a ottenere la farina, la prenderemo…”
Stavo cominciando a sperare. Per un po’ guardò i denti d’oro, ma non li prese. Non mi ha detto altro, se non di ripulire la mensa e il lavatoio.
Prima di tornare al campo, è uscito dalla cucina e mi ha dato un piccolo sacchetto di carta pieno di farina bianca. “Penso che il nostro signore vorrebbe che tu abbia le matzot per le tue feste. Dopotutto era uno del vostro popolo. A volte lo dimentichiamo”.
“Non so perché mi ha dato la farina, forse avrebbe voluto che dicessi una buona parola per lui, all’arrivo degli americani, o forse lo fece solo per convinzioni religiose. Sta di fatto che non ha preso i denti d’oro. Qualunque fosse la ragione, il “Rebbe” aveva la sua farina e sulla piccola stufa di ferro e ora poteva cucinare dei piccoli wafer bianchi che ricordavano vagamente le matzot. Avevano dei piccoli buchi ed erano leggermente bruciati.
Il Seder Inizia
Era il 27 marzo 1945, quando il Rebbe portò le matzot e dichiarò che il Seder di Pesach avrebbe avuto inizio.
“Dei sette ingredienti necessari per condurre il Seder, ora ne abbiamo solo due. matzot e maròr, ma l’Onnipotente capirà” disse il nostro strano Maestro.
“Rebbe, dov’è il Maròr (erba amara) che hai menzionato?” Gli abbiamo chiesto. Ci ha guardato. “Le nostre vite in questo campo sono il maròr se non di più; tutte le nostre vite sono abbastanza amare per uscire d’obbligo del maròr”. Poi divise la matzà, ha diede a ciascuno di noi un pezzo e ci fece dire le benedizioni.
“Dato che sei il più giovane del gruppo, farai le quattro domande di ‘Ma nishtanà’. Con mia sorpresa, ne ricordai la maggior parte e cantai le domande con l’aiuto degli altri. Non abbiamo nascosto l’Afikomen, perché nel nostro campo non c’erano più i bambini. Tutti i fanciulli erano stati mandati ad Auschwitz nelle camere a gas, una immane tragedia, per noi, come vedere morire il futuro e la speranza, d’avanti ai nostri occhi.
Dovevamo andare a lavorare il giorno dopo, eravamo affamati e stanchi morti, ma quella notte di Pesach, ci unimmo al “Rebbe” con una specie di Seder. Ricordava a memoria la maggior parte dell’Haggadà; così ha fatto mio padre che aveva studiato in una yeshiva quando era un ragazzo. Alcuni partecipanti conoscevano alcune parti della Haggadà. Tutti si unirono per dire le benedizioni, ma eravamo addormentati prima che il “Rebbe” finisse di cantare l’Haggadà. Mi sono ricordato vagamente di aver cantato Chad Gadyà.
Alla fine, fece una breve preghiera in yiddish: “Per favore, perdonaci, Oh Signore dell’Universo, per aver condotto un servizio di Pesach così povero, ma era il meglio che potevamo fare, e per favore liberaci, o Signore, dalle mani dei nostri nemici che si sono levati, ancora una volta, in questa generazione per distruggerci”.
Che cosa devo dirvi? Ci siamo sentiti tutti come se fossimo lì a “Yetziat Mitzraim” (l’Esodo egiziano) e abbiamo creduto al “Rebbe” che saremmo stati anche noi nell’ “Yetziat Deutschland” (l’esodo tedesco).
Mi ha svegliato prima che se ne andasse e mi disse: “Meriti una benedizione speciale per aver portato la farina per le matzot. Sarai tra coloro che celebreranno presto l’esodo dalla Germania alla Terra Santa”.
Circa un mese dopo, la guerra era finita e siamo stati salvati dall’esercito americano. Era il 2 maggio 1945.
Seder Veste Moderna
Viviamo oggi in tempi molto diversi. Eppure continuiamo a raccontare la stessa storia del “Rebbe” e degli ebrei di Dachau. La loro storia, la nostra storia collettiva, ci ispira ancora.
Ogni anno, quando arriva Pesach, mi pongo la domanda: come posso trasformare il mio Seder in un’esperienza così significativa da provocare un cambiamento radicale, come dovrebbe essere?
La festa di Pesach, che commemora l’esodo del popolo ebraico dalla terra d’Egitto, 3.329 anni fa (nell’anno 1313 a.C.), riflette la liberazione dell’anima dai vincoli psicologici ed emotivi rappresentati dall’Egitto.
Cos’è l’Egitto? Il termine ebraico per l’Egitto (Mitzrayim) può essere tradotto come “inibizioni” o “restrizioni”. Tutti noi lottiamo con varie inibizioni interne ed esterne che soffocano la nostra crescita e ci impediscono di massimizzare il nostro potenziale. Potremmo essere paralizzati dalla paura, dalla vergogna, dalla colpa, dal risentimento, o dalle varie dipendenze. Ci può mancare la capacità di amare, di sognare, di piangere e di lasciare andare le nostre difese, o possiamo essere schiavizzati da impulsi insalubri e sentimenti di invidia, animosità e amarezza.
Spesso, la nostra ebraicità interiore, la RELAZIONE INTIMA e assoluta con il Padrone dell’universo, è ridotta in schiavitù. È ancora lì, ma non sappiamo come accedervi.
In questo senso, siamo tutti, chi più chi meno, in un altro tipo di “Egitto” e l’esperienza del Seder presenta, a ciascuno di noi, l’opportunità di lasciare il nostro Egitto personale e intraprendere la strada verso la redenzione.
Durante il Seder, dobbiamo aprire i nostri cuori e accogliere l’energia divina della liberazione che inizia a vibrare nel cosmo dalla vigilia di Pesach. Al fine di diventare pienamente NOI STESSI, pienamente umani, completamente ebrei.
Reclamare I Propri Genitori
Il Talmud dice, ed è citato nell’Haggadà, che “Una seconda coppa viene versata e ora il bambino domanda il Ma Nishtanà”.
Le parole talmudiche “ora il bambino domanda” (“Vekan Haben Shoel”) possono anche essere tradotte come “ora il bambino può prendere in prestito”.
Non tutti hanno avuto il privilegio di crescere con dei genitori. Alcuni sono rimasti orfani in giovane età; altri potrebbero aver avuto genitori fisici, ma psicologicamente instabili. Alcuni di noi hanno avuto il privilegio di avere genitori amorevoli che sono passati “all’altro mondo”.
In tutti i casi sopra riportati i bambini sono stati lasciati indietro, con un “vuoto” nei loro cuori. Ecco che durante il Seder vi è un momento in cui “il bambino può prendere in prestito” un padre e una madre.
In questo momento della vita, nostro padre in cielo apre la camera dell’amore incondizionato e della crescita sconfinata, attraverso la quale possiamo rivendicare la fiducia e la sicurezza di cui abbiamo disperatamente bisogno. Ora il bambino ha il permesso di fare tutte le domande, che normalmente non potrebbe mai chiedere, può dichiarare: “Padre, voglio farti quattro domande”.
GLI SCHIAVI NON FANNO DOMANDE. SOLO GLI UOMINI E DONNE LIBERI possono domandare. Non solo perché sentono di avere il diritto di chiedere, ma anche perché non temono risposte che possano metterli alla prova e magari anche trasformarli.
Dachau Oggiogiorno
Oggi per Maròr usiamo vere erbe AMARE. Grazie a Dio non abbiamo la vita amara come a Dachau!!! Purtroppo quando le cose vanno bene, spesso tendiamo a sentirci a nostro agio e pensiamo che siamo autosufficienti .
Il Talmud paragona la vita alla ruota che sale e scende. Al giorno d’oggi possiamo paragonare la vita alle montagne russe, dove si sale e si scende. Anche la discesa non è così grave perché è un modo per prendere velocità per risalire di nuovo.
Sicuramente al Seder di Dachau i partecipanti hanno mangiato la più gustosa e fragrante matzà della loro vita.
Sicuramente gran parte dei nostri problemi di autostima e depressione loro non li avevano, perché avevano problemi di sopravvivenza da superare in ogni istante.
Quando mangiamo il maròr che ci sembra amaro ricordiamoci che c’è un “VERO AMARO” molto più bruciante e che grazie a Dio non dobbiamo sfidare in ogni istante…
Quando nella vita ci capitano delle apparenti amarezze, non lasciamoci dominare da esse e farci rovinare la nostra felicità CHE È IL PIÙ GRANDE DONO CHE DIO CI HA DATO.
La nostra vita è come le montagne russe dove anche le discese servono per salire di nuovo da un’altra parte. Solo la discesa ci può far maturare, attraverso il bisogno e la spinta di una nuova salita.
Anche la nostra storia ha avuto delle montagne russe e delle cadute penose come in Egitto o a Dachau ma adesso stiamo salendo e saliremo sempre di più. Non possiamo permettere che nostri, relativamente piccoli, problemi del terzo millennio ci rubino il sorriso o ci distolgano dalla nostra missione in questo mondo.
Ogni anima in questo mondo deve riflettere sul fatto che se è stata mandata qui solo per migliorare questo mondo e renderlo idoneo alla rivelazione infinita di Hashem.
Come dice il Rebbe YH che il giorno del mio compleanno è il giorno dove DIO HA DECISO CHE IL MONDO NON PUÒ SOPRAVVIVERE SENZA IL MIO CONTRIBUTO, per questo il Padre Eterno mi ha mandato qui per perfezionarlo.
Speriamo presto di vedere il frutto del nostro operato e la imminente rivelazione di Mashiach presto nei nostri giorni, amen.
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Dedicato in onore del compleanno del Rebbe di Lubavitch YH 11 di Nissan mio maestro e la guida della nostra generazione.

SETTIMO GIORNO DI PESSAKH: SPACCATURA DEL MARE

Domani leggiamo il brano dell’Esodo (cap. 15) sulla spaccatura del mare, poiché in questo giorno è avvenuto questo miracoloso evento esattamente 3333 anni fa (non un numero qualsiasi).

Gli Ebrei erano con le spalle al muro: dietro, l’esercito egiziano che stava per raggiungerli, di fronte, le acque tumultuose del Mar Rosso.
Le opzioni erano due: disperare, o avere fede. La logica e la ragione imponevano di arrendersi al Faraone, ma la fede li esortava a proseguire verso la Terra Promessa, nonostante il mare. E proseguirono.
Fu in quel momento, quando la disperazione fu sconfitta dalla fede, che accadde l’impossibile: il mare si aprì e la terra divenne asciutta. L’ostacolo più formidabile si era dissolto nel nulla, senza una battaglia, solo con la fede.
Israèl divenne potente nel momento in cui riconobbe Hashèm come l’unica Potenza. Sottomettendosi alla Sua forza superiore scoprirono la forza dentro di sé, e divisero il loro mare.
Per renderci partecipi in questo miracolo Hashèm ci ha chiesto di entrare nel mare, anche se si annegava subito per quanto era burrascoso.
Fin dalla nascita, la nostra nazione ha dovuto imparare a far fronte alle sfide. Davanti al Mar Rosso Hashèm disse a ogni ebreo, per l’eternità: “Gli ostacoli non sono interruzioni nel cammino, sono il cammino stesso. Continuate a procedere verso la Terra Promessa. Ogni sfida che incontrerete vi darà più chiarezza e più energia. Soltanto abbiate fede. Con la fede e la determinazione, dividerete qualsiasi mare basta che fate una piccola azione entrando nel mare”.

Shabbat, è Shevii shel Pèssakh, il 7° giorno di Pèssakh; ricorda il passaggio del Mar Rosso. Bisogna aspettare che finisca Shabbat per accendere i lumi (prendendo il fuoco da una fiamma che arde fin da venerdì) per accogliere l’ultimo giorno della festa. Domenica pomeriggio si fa il Pasto di Mashìakh, per affrettare la fine della diaspora e accogliere la Redenzione .
Arrivederci a Yerushalayim nel Terzo Bet Hamikdàsh (Santuario)!

In memoria di rav Ghershon Mendel ben Chaim Meir Garelik, il quale con la sua incrollabile fede in Hashèm ha aperto ogni mare.

La festività di Pèssakh ha tre diversi nomi che ne indicano il significato profondo. Nella Torà Scritta, essenzialmente nel Pentateuco, essa viene designata con l’espressione “Festa delle Azzime – Khag Hamatzòt”; nelle preghiere, invece, si chiama “Tempo della Nostra Libertà – Zman Kherutenu”, mentre nel linguaggio dei nostri saggi e in quello ormai diventato comune viene chiamata semplicemente Festa di Pèssakh, che tradotto significa anche saltare, passaggio.
Apparentemente si tratterebbe soltanto di sinonimi, ma la chassidùt spiega che in realtà le tre terminologie indicano le diverse fasi che i figli di Israèl attraversarono a partire dall’uscita dall’Egitto fino al dono della Torà.

I discendenti di Ya’akòv formavano già un popolo mentre si trovavano in Egitto, come ci insegna la Torà stessa (Devarìm 26, 5): un popolo grande, potente e numeroso. Ma fu solo dopo la liberazione da questa lunga schiavitù che iniziarono a rappresentare una realtà completamente diversa, ossia un popolo strettamente legato alla Torà, la cui essenza era la Torà stessa.
Tale legame era in realtà lo scopo della liberazione dalla schiavitù, come è scritto, quando Moshè farà uscire il popolo dall’Egitto, “servirete il Signore su questo monte” (Shemòt 3, 12). Grazie a questo il popolo ebraico si elevò notevolmente, cambiando al punto di non avere più nulla in comune con quello che era in passato.

Ti riporto i link delle lezioni on line su virtualyeshiva.it della parashà di questa settimana.

Shabbat hagadòl Shalom
Rav Shlomo Bekhor

Ogni festa ha le sue regole e caratteristiche.
Cio che rende Pesakh molto particolare è che non si può arrivare al seder senza essersi preparato. Se Shavuot non ci siamo preparati non è la fine del mondo. Così anche per Rosh Hashanà, Kippur, Sukkòt.
Infatti Pesach vuole anche dire PE SACH – la BOCCA che PARLA…

Per poter raccontare i grandi miracoli che Dio ci ha fatto quando siamo usciti dall’Egitto dobbiamo prepararci MOLTISSIMO e avere il serbatoio pieno con tante spiegazioni e commenti. Qui sotto trovi il link di ben 23 lezioni online per poter arrivare con un “pieno” che ci potrà permettere di fare molta strada a Pesach.

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Ti riporto i link delle lezioni on line su virtualyeshiva.it sulla festa di Pessach.
Pessach Kasher Vessameakh
Rav Shlomo BekhorPS
prima di Pessakh è usanza dare un contributo per comprare le Mazot hai bisognosi che si chiama Kimkha Depiskha.
sul seguente link troverai una finestra a destra per donare tramite paypal o CC e fare questa importante mizvà e dare un contributo alla diffusione della Torà in italiano.
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Per informazioni: www.virtualyeshiva.it
PESAKH
nuova lezione sulla hagadà di questa sera:
Al seguente link troverai la pagina web con la lezione sulla nostra parashà:

http://www.virtualyeshiva.it/2011/04/12/pessakh-5771-matza-spezzata-popolo-diviso/

dal seguente link si può scaricare il file audio immediatamente, senza aprire la pagina web:

http://www.virtualyeshiva.it/files/11_04_12_pessakh5771low_afikoman_una_nazione_rebbe.mp3

per vedere il video della lezione direttamente, cliccare qui:
https://vimeo.com/22444383
MATZÀ SPEZZATA, POPOLO DIVISO?

Il segreto dell’Afikoman!
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Virtual Yeshiva non ha nessun finanziatore pubblico.
Virtual Yeshiva non fa pagare nessuna iscrizione al sito perche’ vogliamo che la Tora sia accessibile a tutti. Aiutando Virtual Yeshiva potrete diventare soci nella diffusione della Tora. Sul seguente link puoi trovare come mandare una donazione
http://www.virtualyeshiva.it/voglio-aiutare/La lezione approfondisce questi punti, attingendo da fonti midrashiche, testi di mistica ebraica e khassidici, in una cornice unica, chiara e comprensibile per tutti, alla luce degli insegnamenti dei grandi Maestri dell’ebraismo.Per ascoltare altre 17 lezioni su PESSAKH cliccare al seguente link:

PESAKH

Salta dentro!
Un funambolo che si prepara a salire sulla fune vuole prima scaldare la folla: “Chi pensa che ce la farò?”
Tutti cominciano ad incitarlo e lo sostengono mentre cammina lungo la fune. “Ora chi pensa che possa farlo all’indietro?”
La folla continua ad acclamarlo ed egli cammina all’indietro, poi bendato, e, quando molti lo incitano, corre sul monociclo.
Infine chiede al pubblico: “Chi pensa che possa stare sulla fune spingendo una carriola?”
Un ragazzo grida: “Ti sostengo al 100%!” e il funambolo gli risponde: “Se credi che io possa farcela, cosa ne diresti di entrare tu nella carriola mentre lo faccio?”
“Oh bene, ehm.. forse non ne sono così sicuro…”, risponde il ragazzo.
Come spiega la Torà, riguardo ai Dieci Comandamenti che sono stati scolpiti sulla pietra, la parola “kharut” in Ebraico, che significa scolpito, è composta dalle stesse lettere di “kherut” che vuol dire libertà. La vera libertà si ottiene attraverso il rispetto di un potere più alto, rimovendo dall’equazione il nostro proprio ego e l’importanza di sé. Attraverso la tradizione noi siamo immuni dai fluttuanti venti di cambiamento. È importante non rimanere uno spettatore in questo processo, anche noi dobbiamo “saltare nella carriola”.
L’Haggadà, la storia della nascita di Israèl e dell’indipendenza del popolo che leggiamo la sera del Seder, parla dei Quattro figli, uno saggio, uno malvagio, uno semplice e uno incapace di fare domande. Il figlio malvagio chiede a suo padre “che cosa significa per TE tutto questo rituale?”, escludendo se stesso dal nucleo familiare. Noi dobbiamo fare attenzione a non cadere nella stessa trappola. È certamente lecito chiedere, ma dobbiamo assicurarci di farlo in modo da includere noi stessi: “cosa significa per NOI”.
Salta nella carriola!
Il quinto figlio
L’ Haggadà menziona quattro figli alla tavola del Seder. Nella nostra generazione, però, troviamo un quinto figlio, quello che, ahimè, il Seder non lo fa nemmeno, non presenzia nemmeno fisicamente a tavola.
È a questo figlio (nostro o di qualcun altro, poiché siamo tutti responsabili l’uno per l’altro) che dobbiamo rivolgerci, in qualunque modo possibile, per incoraggiarlo, anche stando alle sue condizioni se necessario, ad “abbracciare” ancora le tradizioni e le pratiche familiari.
Il prossimo anno a Gerusalemme!

In passato il refusnik sovietico Natan Sharansky gridò, come è noto, in un tribunale Sovietico, “al popolo ebraico io dico… Il prossimo anno a Gerusalemme!” Questo è stato il grido di chiamata a raccolta attraverso le generazioni. Noi finiamo il Seder con quest’affermazione. Non significa che vogliamo dover aspettare fino al prossimo anno per essere a Gerusalemme! Invece, saremo lì prima di allora e quindi, a maggior ragione,ci troveremo già lì il Prossimo Anno!

BESHALLAKH 5771 – LE DUE FACCE DELLA TUA SPOSA!
Il matrimonio secondo la Torà.
Il significato e il valore del matrimonio: come apprezzare il proprio/la propria coniuge.
Vengono esplorate le parti esteriori ed interiori di una persona, analizzando qual è la più importante, insegnandoci a rivelare il potenziale nascosto, come fece Yossèf!

EMOR 5771 – 3 MATRIMONI: PECORA, TORO E GEMELLI
Il segreto di come creare la pace tra le varie culture.

VAERA – PESSAKH 5771 – LA FRECCIA DI DIO
Fin dall’uscita dell’Egitto l’energia delle futura redenzione è già stata emanata in potenziale. Bisogna solo concretizzarla! Il quinto livello di salvezza espresso da D-o al popolo ebraico, legato alla redenzione finale, non ancora completato, ma del quale ci viene dato il potenziale.

PESSAKH 5771 – MATZÀ SPEZZATA, POPOLO DIVISO?
Il segreto dell’Hafikoman!

BO – PESSAKH 5771 – FEDE EBRAICA: LIBERTÀ O RESTRIZIONE?
Che cosa vuol dire essere liberi? Qual è la differenza tra חופש e חירות?
Uno strano paragone tra Pèsakh e Shabbat, fatto dal Maimonide, ci rivela il vero significato della libertà, in base all’approfondimento di Pèsakh 5640 del Rebbe di Lubavitch. Il parallelismo tra Shabbat e Pèsach descritto dal Maimonide: come Shabbat non ha solo aspetti passivi, ma presenta anche aspetti attivi, così Pesakh non significa solo non essere schiavi, bensì ha una sua entità.

BO – PESSAKH 5770 – DUE TIPI DI DOMANDE!
Perché l’ebraismo promuove il DOMANDARE? Il significato profondo del verso “quando tuo figlio ti chiederà: che cosa è questo?”. La Torà non ci da solo una risposta, ma ci spiega come mai il figlio chiede e come evitare che si allontani dal padre.

PESSAKH 5770 – ARROSTO O BOLLITO?
Perché l’uomo non è mai soddisfatto?

BO 5769 – TEFILLIN: SEGNO D’IDENTITA’
La Torà dice: “Sarà un segno sulla tua mano e un ricordo sulla tua testa!” Intelletto e saggezza senza sentimento sono inutili! Quando studiamo la Torà e mettiamo i tefillin in noi avviene una trasformazione, il nostro pensiero si unisce ad Hashem, ma dobbiamo sempre ricordarci del cuore e riflettere su quanto stiamo facendo e quanto ha fatto D-o per il popolo ebraico

BO 5768 – LA TORA DOVEVA COMINCIARE DALLA PRIMA MITZVA: SANTIFICARE LA LUNA NUOVA.
Trasformare il mondo tramite la Torà! La santificazione della luna e il perché due fratelli possono testimoniare la prima luna. Solo con la Torà si può trasformare il mondo e portare innovazione. Il ciclo mensile si chiama kodesh che ha le stesse lettere in ebraico di khadash-nuovo e khidush-innovazione.

PESSAKH 5767 – CHE COSA SI FESTEGGIA NEL SEDER DI PESSAKH?
Una breve lezione relativa al significato del Seder di Pessakh.

BO 5766 – LE ULTIME TRE PIAGHE: UN COLPO NEL BUIO!
Le mitzvot che vennero prima del Matan Torà! Nelle ultime tre piaghe il colpo all’Egitto è forte e definitivo, avvenendo nel buio. La prima mitzvà della Torà di santificare la nuova luna: l’importanza per un ebreo della dimensione temporale. La piaga del buio: il prestito delle ricchezze degli egiziani. La mitzvà del riscatto del primogenito, il suo significato e la sua importanza. I teflilin, testimonianza dell’essere ebrei.

VAERA 5766 – IL SIGNIFICATO DELLE DIECI PIAGHE
Il significato profondo del bastone trasformato in serpente. Il colpo iniziale all’ego del faraone per avviare il processo di annullamento della sua opposizione alla santità. L’importanza delle dieci piaghe e i tre messaggi per gli egiziani.

PESSAKH 5766 – IL PERIODO DELLA LIBERTÀ
Diversi approfondimenti sul significato della festa di Pessakh!

La Kasherut di Pesach (prima parte)
La Kasherut di pesach è una delle parti più complicate delle regole sulla kasherut.

HALAKHOT DI PESSAKH
Vengono analizzate alcune halakhot di Pessakh.

HALAKHOT DI PESSAKH – LE QUINDICI AZIONI DEL SEDER DI PESSAKH
Le regole del seder di Pessakh.