NASSO 5783 : 5 LEZIONI

31 Maggio 2023 2 Di HaiimRottas

Questo Shabbàt 3 Giugno 2023, 14 del mese di SIVAN 5783 leggeremo la Parashà di Nassò Numeri 4: 21 – 7: 89
HAFTARÀ
Giudici 13: 2-25.

B”H

PECCATO DA IMPAZZIRE
In questa parashà troviamo i dettagli della procedura a cui era sottoposta una sotà: una donna
sospettata dal marito di adulterio, quando non vi erano testimoni. Il versetto 5, 12, “Qualunque
uomo la cui moglie abbia deviato”, è citato dal Talmud (Sotà 3a) per affermare che “una persona non
commette una trasgressione a meno che uno spirito di follia non entri in lui”. Il Talmud, infatti, ricava
una relazione tra i termini “follia” e “deviato” sulla base della somiglianza tra queste due parole:
הֶ טְׂ שִ ת-deviato e ותּשט-ׁfollia che hanno la radice composta dalle stesse lettere. Il Rebbe
approfondisce la questione, fondando la sua spiegazione sull’immagine tradizionale che paragona il
rapporto tra Israèl e Hashèm a un matrimonio. Rapporto che, inevitabilmente, considera ogni genere
di peccato come un atto di infedeltà coniugale.
Qual’è la connessione tra l’adulterio e ogni tipo di peccato e, in particolare, per quale motivo, tra le
molteplici trasgressioni, proprio l’adulterio dimostrerebbe che un peccato è sempre irrazionale, ossia
frutto di uno spirito di follia?
La prima, ma superficiale, spiegazione si fonda sulla somiglianza grammaticale tra “deviato” (tistè) e
“follia” (shetùt). Tuttavia, questa spiegazione non è del tutto convincente. Molti aforismi dei maestri
non sono derivati solo da una semplice somiglianza grammaticale tra le parole, poiché vi è sempre
anche un profondo collegamento concettuale fra i due.
Oltretutto, vi è una seconda difficoltà nel comprendere il paragone fatto dai maestri del Talmud.
L’adulterio è un peccato molto grave, punito dalla Torà con la pena di morte. Quindi, commettere un
peccato così grave è ovviamente un atto irrazionale e folle. Inoltre, il Talmùd non distingue tra peccati
“lievi” e quelli “gravi”, poiché il brano stabilisce una chiara relazione tra tutti i peccati e la follia, anche
quelli stabiliti dai rabbini! Addirittura, secondo il Talmud, per “peccato” si intende ogni atto che non
è fatto per il “bene del cielo” (Tanya cap 24). Fino ad arrivare all’assioma per cui ogni atto o azione
in cui un uomo volta le spalle ad Hashèm è un atto di follia. Quindi, come possiamo mettere in
relazione la follia di un peccato minore, con la follia di un adulterio?
Il Peccato Come Infedeltà
La prima risposta è che l’adulterio è il “prototipo di tutti i peccati”.
Questa trasgressione, secondo la legge ebraica, presuppone che la donna in questione sia sposata.
Una donna nubile non può neanche essere colpevole di un tale peccato. Per questo motivo, nel
versetto è specificato il legame matrimoniale tra l’uomo e la donna, poiché è scritto “Qualunque
uomo la cui moglie abbia deviato”. Tuttavia, non si può non notare come il popolo ebraico, nel suo
insieme, sia considerato come la “moglie” di Hashèm. Il legame forgiato tra Hashèm e il Suo popolo
sul Sinày è considerato alla stregua di un matrimonio, con tutti i “diritti” e “obblighi” reciproci. E così,
ogni volta che un israelita commette un peccato, per quanto lieve, sta tradendo l’alleanza, il
“contratto di matrimonio”, tra lui e Hashèm. In definitiva, il peccato è considerato come un
“adulterio spirituale”, un atto di infedeltà verso lo Sposo divino.
Quanto detto risulterà più chiaro da un racconto presente nello Zohar (Parte III 221a): “Un filosofo
una volta chiese a Rabbi Eli’èzer: ‘Se gli ebrei sono il popolo eletto, com’è possibile che siano la
nazione più debole?’ Rabbi Eli’èzer gli rispose: ‘essendo scelti non è tollerato alcun difetto in loro né
spirituale, né materiale. A causa della loro speciale vocazione spirituale, ciò che è perdonabile negli
altri è un peccato per loro’ ”, come il cuore (il più sensibile e vitale degli organi del corpo), dove il
minimo tremore o tentennamento ha un effetto sulla vita o sulla morte di un individuo.
Questa è la prima e profonda connessione tra il versetto sull’infedeltà di una moglie e la massima
talmudica sullo spirito di follia.
Matrimonio Eterno
Tra Israèl e Hashèm vi è un legame di eterna lealtà reciproca con ruoli diversi tra i due coniugi: un
matrimonio in cui Hashèm svolge il ruolo del “marito”, il partner iniziatore; mentre noi svolgiamo il
ruolo della “donna”, che è il custode e il messaggero della fede in Dio per tutta l’umanità. Anche
l’esilio, in quest’ottica, non è considerato come una separazione, un divorzio. Come nell’episodio
riportato nel Talmud (Sanhedrìn 105a), quando il profeta Yesha’yà disse a dieci uomini di “Tornare e
pentirsi”. Essi risposero: “Se un padrone vende il suo schiavo o un marito divorzia da sua moglie, il
padrone o il marito possono ancora vantare dei diritti sullo schiavo o sulla donna?”. In altre parole,
questi uomini sostenevano che con l’esilio babilonese, Hashèm aveva effettivamente divorziato dal
Suo popolo e che, pertanto, non aveva più alcuna pretesa di essere obbedito da loro. Hashèm, allora
disse al profeta: “Così dice il Signore: Dov’è l’atto del divorzio di tua madre? A chi ti ho venduto?
Mentre è per le vostre iniquità che vi siete venduti [agli idoli], e a causa delle vostre trasgressioni
che vostra madre è stata messa da parte”. Queste parole ci rendono certi che, anche nella
separazione temporanea dell’esilio, Hashèm non prenderà un altro popolo al posto dei Suoi “eletti”.
Se è così, poiché la fedeltà di una moglie sta nella sua conformità ai desideri del marito, quando un
israelita commette una leggera trasgressione o anche un atto permesso, ma per fini egocentrici, è
considerato come uno che ha compiuto un gesto di infedeltà e un tradimento delle “sante nozze”
avvenute sul Monte Sinày.
Questo è il motivo dell’affermazione sulla “follia del peccato”: non solo peccati gravi, come l’idolatria,
rovinano il legame, il matrimonio, tra l’uomo e Hashèm, bensì ogni peccato, anche banale, provoca
una rottura per cui è considerato come un atto di follia. Ogni atto di infedeltà è una follia, perché
andare contro il proprio coniuge è come distruggere la propria vita. Inoltre, spesso si rischia di
sottovalutare la gravità di un’azione, dicendo a se stessi che non è grave e che non si sta mettendo
a repentaglio il “matrimonio”. Ma questa è solo una scusa, la verità è che non fa differenza quanto
sia grave l’azione, se essa è contro la volontà del marito è sempre un tradimento. Il problema è che
spesso ci illudiamo che solo le azioni gravi creano la separazione dal marito, per questo ogni peccato
deriva da uno spirito di pazzia, dalla mancanza di lucidità, e in definitiva da una nostra illusione.
Il Peccato Come un Momento Transitorio
Il secondo e importante aspetto che lega il brano del Talmud con il versetto della parashà Nassò è
che la frase “Qualunque uomo la cui moglie abbia deviato” non si applica a un adulterio conclamato,
ma solamente al sospetto di un adulterio, come è scritto (5, 13): “esso doveva essere nascosto dagli
occhi di suo marito”. In altre parole, non dovevano esserci dei testimoni del presunto atto. Quindi,
è solo il sospetto di per sé che obbliga la donna a essere sottoposta al giudizio nel Santuario e portare
un’offerta di orzo, un alimento per animali, ossia di sottoporsi a un’umiliazione in linea con la natura
del suo presunto reato.
Tuttavia, l’intera procedura risulta difficile da capire, poiché l’accusa contro la donna si basa solo sul
sospetto. La risposta è che gli standard di fedeltà che la Torà stabilisce per una coppia sono così
elevati, che la donna è ritenuta colpevole soltanto per aver suscitato dei sospetti su di lei. Questo
per insegnarci l’importanza della fedeltà e rispetto del coniuge in qualsiasi momento della vita,
anche se non vi è alcun peccato.
Però, questo pregiudizio è di breve durata. Se la donna, dopo la procedura per decidere se il sospetto
fosse fondato, è ritenuta innocente ritorna da suo marito incontaminata: “sarà esente [dalla
punizione] e diventerà più fertile” (5, 28). Questo concetto si applica anche nei confronti di qualsiasi
persona che commette un peccato, spinto da uno spirito di follia, la frattura che egli apre tra se
stesso e Hashèm è solo temporanea e, in ultima analisi, vige quanto scritto: “La mia gloria (cioè la
scintilla di Dio in ogni persona) non la darò a un altro” (Yesha’yà 42, 8). Questo spiega il fatto che
nessun ebreo è mai così distante da Hashèm, tanto da non poter tornare incontaminato e puro.
Questa è in ultima analisi il significato di questa seconda connessione tra il Talmud e il versetto:
proprio come una moglie sospettata dal marito è solo temporaneamente allontanata dalla vicinanza
con il coniuge così, la separazione da Hashèm, causata da un peccato, è solo temporanea e
superficiale.
La Fecondità Del Ritorno
Anche se è vero che chi attribuisce importanza alle cose, indipendentemente da Hashèm, nega
l’unità di Hashèm, mentre contemplare i propri peccati può cadere nella disperazione e arrivare a
pensare che “Hashèm mi ha abbandonato e il mio Signore mi ha dimenticato” (Yesha’yà 49, 14);
questa persona deve sempre ricordare che può sempre recuperare la sua vicinanza con il Creatore.
In particolare, si deve ricordare una terza somiglianza tra la donna sospettata di adulterio e il
peccatore in generale. Se la donna viene dichiarata innocente, non solo viene emendata da qualsiasi
macchia del suo carattere, ma ritornerà da suo marito e “diventerà più fertile” (5, 28). Ciò significa
che se in precedenza ha partorito con difficoltà, ora lo farà con facilità; se non ha avuto figli, avrà dei
figli, anche se prima era sterile.
Questa speranza dovrebbe rincuorare ogni persona che ha tradito il “marito”. Nessun peccatore
dovrebbe cadere in preda della malinconia o della disperazione. Poiché Hashèm ha detto: “La mia
gloria non la darò a un altro” (Yesha’yà 42, 8). E quando questa persona tornerà ad Hashèm, anche
lui sarà nuovamente “fertile”. Egli si eleverà con maggiore amore e timore di Hashèm e lavorerà per
la vera vicinanza a Lui, fino a quando “marito e moglie saranno uniti” e la presenza di Hashèm sarà
rivelata nella sua anima. Questa è la redenzione personale che ogni singolo deve ambire a
raggiungere (Tanya Part IV cap 4), poiché questa è la preparazione per la redenzione collettiva che
avverrà nell’immediata era Messianica, presto nei nostri giorni.
(Likuté Sikhòt vol II pp. 311-314)

Hashèm istruisce Moshè sulle leggi riguardanti una sospetta adultera. Se un marito ha motivi per sospettare sua moglie di adulterio, dovrebbe prima sollevare il problema con lei in privato. Se le sue azioni continuano a destargli sospetti, la dovrebbe sottoporre a una prova in cui Hashèm stesso indica la sua innocenza o colpevolezza. Questo test funziona solo se i motivi del marito sono totalmente puri – ossia se lui stesso non è colpevole di adulterio – e quando la società nel suo insieme è inorridita dall’adulterio (in considerazione di tutti questi fattori, questo rituale è stato interrotto qualche tempo prima del II secolo a.e.v.).

[Hashèm istruì a Moshè di dire agli israeliti] «Un uomo la cui moglie deviasse, [costringendolo a sospettare che] è stata infedele verso di lui». (5, 12)

Commettere un misfatto è un atto terribile, perché gli israeliti sono “sposati” ad Hashèm. Se gli adulteri non fossero stati sposati, ovviamente il loro comportamento non sarebbe stato giudicato così duramente, poiché non sarebbero adulteri ma solo traditori del patto della relazione. Ma quando l’infedeltà è verso uno sposo allora meritano una punizione. Lo stesso vale per Israèl. Un misfatto non è semplicemente una trasgressione tecnica, ma è un affronto personale al nostro amato Sposo Divino.
Come ebrei la nostra connessione a Lui è così forte, che per noi è impossibile trasgredire la Sua volontà. L’unico modo in cui possiamo commettere un misfatto è quando si inganna se stessi nel pensare che un’azione contro lo “sposo” non metterà a repentaglio la nostra connessione con Lui.
È fondamentale mantenere il ricordo che Hashèm è il nostro “coniuge”, questo ci aiuta a evitare di commettere tali misfatti .

(tratto dal nuovo libro Saggezza Quotidiana in uscita)

PANORAMICA NASSO

La parashà Nassò inizia continuando la narrazione cominciata in Bemidbàr, la precedente parashà. Quest’ultima si concludeva con l’arruolamento del clan di Kehàt, della tribù dei leviti, al servizio del Tabernacolo, mentre la parashà Nassò inizia con la coscrizione degli altri due clan dei leviti, ovvero Ghereshòn e Merarì. Già questo appare strano: come mai abbiamo un’interruzione nel bel mezzo del racconto della coscrizione dei leviti, con una parte in una parashà e una parte nell’altra?
Ma questa è solo la prima di una serie di stranezze. Ghereshòn è il maggiore dei figli di Levi, seguito da Kehàt e Merarì. Come mai il clan di Kehàt (il secondo genito) è stato tolto dalla sua logica collocazione, ovvero dopo Ghereshòn, e posto prima del suo fratello maggiore e fuori contesto in un’altra parashà alla fine di Bemidbàr dove non si parla del conteggio dei leviti?
Inoltre, se guardiamo lo schema della parashà Nassò, essa appare come una successione di argomenti senza nulla in comune:
la coscrizione dei clan dei leviti di Ghereshòn e Merarì al servizio del Tabernacolo;
l’esclusione delle persone impure dal campo;
i dettagli riguardanti la legge relativa al furto;
il procedimento per provare un sospetto adulterio (sotà);
le leggi del nazireato;
le benedizioni dei sacerdoti;
le offerte per l’insediamento dei capi delle tribù;
il modo in cui Hashèm parla con Moshè nel Tabernacolo.
Se diamo uno sguardo all’ordine cronologico di questi punti (a-h), il quadro diventa ancora più confuso:
Punto a: continua la narrazione sul censimento dalla precedente parashà, relativa al primo giorno del mese di Iyàr 2449;
Punto b: si ritorna alla narrazione degli eventi di un mese prima, il primo di Nissàn 2449;
Punti c, d, e: trattano questioni legali che non sono attinenti ai conteggi (e che sono state date ancora prima degli eventi precedenti, ovvero tra Sivàn 2448 e Iyàr 2449);
Punti f, g, h: ritornano alla narrazione degli eventi del primo di Nissàn 2449 (come nel punto b).
Come mai la parashà introduce una storia e poi a un certo punto della narrazione (la vigilia della partenza alla volta del deserto) torna indietro agli eventi del mese precedente, interrompendosi allo stesso modo verso la metà di questo secondo racconto con delle questioni legali?
Il nostro primo indizio è il fatto che il clan di Kehàt, come abbiamo detto, è arruolato per primo. Il Midràsh ne spiega la ragione: la Torà descrive per primo il clan di Kehàt perché trasportando esso l’Arca dell’Alleanza, che ospita le Tavole, porta la Torà stessa, che è il mezzo attraverso il quale il popolo ebraico si lega ad Hashèm e la rivelazione dall’Alto scendeva al mondo tramite l’Arca Santa.
(continua sotto)
Tratto dal nuovo libro Bemidbar pagine 32-33.

per il pdf di questa panoramica cliccare qui:
www.virtualyeshiva.it/files/panoramica_nasso.pdf

per il pdf della sintesi cliccare qui:
www.virtualyeshiva.it/files/sintesinasso.pdf

per il pdf della haftara cliccare qui:
www.virtualyeshiva.it/files/haftara_nasso.pdf

Abbiamo appena ricevuto di nuovo la Torà a Shavuòt.
Abbiamo appena rinnovato il nostro patto con Hashem di studiare la Torà che è il nostro unico manuale di vita che contiente tutto.
Il primo compito è di studiare la Parashà della settimana (NASSO) che è la parashà più lunga di tutta la Torà con la bellezza di ben 176 versi valore numerico di LEOLAM – PER SEMPRE. Questo allude che sia la Torà scritta che quella orale sono eterne.
Con grande gioia e lode a Dio,
mando il link di NASSO la seconda parashà del IV libro della Torà.
Siamo prossimi a pubblicare il prossimo volume della Torà commentata e illustrata (terzo libro di questa collana pubblicato da Mamash) che è il IV volume della Torà di BEMIDBAR – NUMERI.
Si consiglia di stampare le 64 pagine in pdf per poterlo studiare di Shabbat. (Ideale stampare 2 pagine in una foglio A4 fronte e retro per cui saranno solo 16 pagine).
L’opera è quasi pronta, ha solo bisogno di un aiuto per lo sprint finale nel frattempo manderemo i pdf settimanalmente BH.
Si possono comprare delle copie in anteprima o fare una dedica in memoria di un proprio caro.
Ognuno può sostenere questo importante e oneroso progetto, attraverso un piccolo contributo, o acquisendo qualche copia in anteprima.
Questo è un grande merito per compiere una grandissima mizvà, partecipando al più grande progetto di cultura ebraica in italiano.
(per scaricare cliccare con il mouse destro dal seguente link:
www.virtualyeshiva.it/files/kodesh/Nasso_Y08.pdf)
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Dalla benedizione dei cohanim impariamo una cosa molto importante. Quando i cohanim benedicevano il popolo allora loro venivano benedetti da Hashem. In altre parole quando si benedici gli altri allora si è degni di benedizione. Quando si aiuta il prossimo si è degni di essere aiutati. Più si aiuta il prossima e più si è degni di essere aiutati.
gli argomenti principali della parashà sono:
1. Censimento di due delle tre famiglie della tribù di Levì e i loro compiti.
2. Hashem comanda di far uscire dall’accampamento i lebbrosi, coloro che avevano avuto una perdita e coloro che erano impuri a causa del contatto con un morto.
3. Leggi concernenti l’espiazione del peccato di chi ruba o giura il falso.
4. Leggi concernenti il caso della donna sospettata di tradimento (ishà sotà): dovrà portare un sacrificio e poi bere dell’acqua in cui verrà messa una pergamena su cui verrà scritto il Nome di Hashem; se colpevole morirà, altrimenti verrà “risarcita” con grande benedizione.
5. Leggi concernenti il nazireo.
6. Benedizione dei cohanìm.
7. Inaugurazione del Tabernacolo, a cui fa seguito l’elenco dettagliato delle offerte dei capi tribù di Israèl.
Riguardo la benedizione dei cohanìm che leggiamo questa settimana troviamo tre frasi. Riporto sotto un commento su ognuna di queste frasi.

Shabbat Shalom

Rav Shlomo Bekhor

NUOVA LEZIONE VIDEO PARASHA DI NASSO
PRIMO CHE È SECONDO, SECONDO CHE DOVREBBE ESSERE PRIMO!

Cosa è l’Essenza di Israel e la sua Missione? Perché ci chiamano il popolo del Libro?

Una storia IMPERDIBILE con Harry Truman
33º presidente degli Stati Uniti, ci rivela degli INCREDIBILI retroscena sulla votazione all’ONU nel 1948 a favore della formazione dello stato di Israele.

youtube link: https://youtu.be/QusiHCAv-S4
https://www.facebook.com/shlomo.bekhor/posts/10157169629750540

NASSO
Al seguente link troverai la pagina web con la lezione sulla nostra parashà:
http://www.virtualyeshiva.it/2009/06/04/nasso-5769-armonia-espulsione-frustrazione/dal seguente link si può scaricare il file audio immediatamente, senza aprire la pagina web:
http://www.virtualyeshiva.it/files/09_06_04_nasso5769_kehat_ghershon_merari_piubasso_mapiualto.mp3

ARMONIA, ESPULSIONE, FRUSTRAZIONE!

3 Famiglie Levitiche, 3 Periodi Storici, 3 Tipi di Anime

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Virtual Yeshiva non ha nessun finanziatore pubblico.
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È TUTTO CALCOLATO!

Recarono i loro sacrifici al cospetto di Hashèm, sei carri coperti… (Bemidbàr 7, 3)
Il primo giorno di Nissàn, dell’anno 2449, la presenza divina tornò a risiedere in questo mondo, grazie alla costruzione del Tabernacolo (prima del futuro Santuario).
I capi tribù portarono tutte le offerte necessarie, per questa inaugurazione, donando dei sacrifici molto particolari, con un profondo significato cabalistico.
Tuttavia, nel terzo versetto del settimo capitolo impariamo che i 12 capi tribù, portarono solo SEIcarrozze, una carrozza ogni due capi tribù:
“Recarono i loro sacrifici al cospetto di Hashèm, sei carri coperti”.
I capi tribù offrono le carrozze per trasportare gli oggetti del Tabernacolo, ma solo mezza per ognuno. Questo è molto strano, perché il Tabernacolo è un luogo ricco e santo, come mai loro offrono solo mezza carrozza ciascuno?
Questo per insegnare che nel Tabernacolo (e quindi nel mondo che è irradiato dalla luce del Santuario), tutto ha un uso e una funzione precisa e non esiste nessuno spreco. Quindi, le carrozze non dovevano essere enormi, perché sarebbero state inutili, ma dovevano essere ESATTAMENTE secondo il bisogno. Questo ci ricorda che tutto ciò che è creato ha una sua utilità specifica. Ogni attimo dell’esistenza deve far risplendere, sia le nostre vite, sia il mondo intero, pertanto ogni oggetto che ci è stato dato deve essere utilizzato per migliorare questo mondo e riempirlo di luce…
“Fra tutto ciò che Hashèm ha creato in questo mondo, non ha creato nulla di inutile” (Talmùd Shabbàt 77b), o come dice l’ultima Mishnà delle Massime dei Padri (cap VI): “tutto ciò che ha creato Hashèm nel mondo è solo per glorificare il suo Santo Nome…”.
Questo principio si esprime anche nel contesto del Tabernacolo, dove i sei carri donati dai capitribù erano il minimo necessario per il trasporto delle componenti del Tabernacolo, garantendo che nessuna parte dei veicoli rimanesse vuota e inutilizzata.
Ciò, insegna l’importanza di utilizzare al massimo ogni cosa esistente al mondo, a partendo dai propri talenti e facoltà, per realizzare lo scopo per cui Hashèm ci ha creati così, ossia per osservare le mitzvòt nel modo migliore, colmare della presenza di Hashèm, anche le azioni più ordinarie e diffondere la luce dell’ebraismo al mondo intero. Analogamente, impiegando debitamente il proprio tempo, l’uomo ricorda sempre di essere stato creato per servire il suo Creatore (fine di Talmùd Kiddushìn) e presta attenzione a non sprecare neppure un attimo della vita e usare ogni energia al meglio senza sprechi.
(da Likuté Sikhòt vol XXVIII ESTRATTO DAL NUOVO VOLUME della Torà in italiano)

NASSO

Numeri 4,21-7,89
Il censimento dei Figli d’Israele termina con il conteggio degli appartenenti alla tribù di Levi in età compresa tra i 30 e i 50 anni, che trasportano il Tabernacolo.
D-o comunica le leggi riguardanti la sotà, la donna sospettata di adulterio dal marito. Vengono anche date le leggi che riguardano il nazireo, una persona che in seguito ad un voto si astiene dal bere vino, non si taglia mai i capelli e non può venire in contatto con un morto. Aharòn e i suoi discendenti, i kohanìm, vengono istruiti sul come benedire il Popolo d’Israele.

NASSO 5769 – ARMONIA, ESPULSIONE, FRUSTRAZIONE!
3 Famiglie Levitiche, 3 Periodi Storici, 3 Tipi di Anime

NASSO 5766 – TESHUVA: SENTIMENTO AGGIUNTO O INTRINSECO?
Come fare una giusta Teshuvà!

NASSO 5765 – SUCCESSO NEL LAVORO, GRAZIA E PACE + SHAVUOT
Una riflessione sulla Benedizione dei Kohanim e il perché Shavuot dura due giorni?