BEKHUKOTAY 5782: MANGIARE DURANTE IL LAVORO!

26 Maggio 2022 1 Di HaiimRottas

Questo Shabbat 27 IYÀR 5782 28 Maggio 2022, leggeremo la Parashà di Bechukkotài

Lev 26:3-27:34

HAFTARÀ
Italiani Ez 34:1-15
Milano/Torino/Sefarditi/Ashkenaziti Ger 16:19-17:14

Si legge il 5° Pirke Avot

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Siamo lieti di comunicare a tutti voi che è finalmente disponibile la ristampa riveduta del libro
“Saggezza Quotidiana”. Chi volesse ordinare uno o più copie può farlo a questo indirizzo mail:
info@mamash.it. Il libro contiene approfondimenti giornalieri del Rebbe su ogni chiamata della Torà,
ovvero ogni giorno dell’anno. Pertanto, se volete sapere il costo del libro vi basta sapere che con circa
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giorni dell’anno.
TERRENI E BUOI DEI PAESI TUOI
Anche quest’oggi vi proponiamo un estratto del Libro edito da Mamash “Saggezza Quotidiana”,
basato sugli insegnamenti cassidici del Rebbe e dei suoi predecessori.
Questi brani hanno un filo conduttore comune, ossia riguardano la possibilità che una persona ha di
santificare ad Hashèm qualcosa di sua proprietà: parte di terreno ereditario o il decimo animale nato.
Santificare significa separare qualcosa da qualcos’altro, in questo caso separare un bene dal mondo
materiale e dedicarlo ad Hashèm. Tuttavia si potrebbe pensare che, in entrambi i casi, la persona perda
la possibilità di godere del bene, invece non è così. Il terreno ereditario viene santificato donandolo
al Santuario o ai sacerdoti, mentre l’animale, il decimo, viene santificato, ovvero sacrificato nel
tempio, ma la sua carne verrebbe goduta a Gerusalemme dal proprietario e dalla sua famiglia.
Quindi nel caso del terreno la persona non gode, dal punto di vista materiale, della porzione del bene
che santifica, mentre nel caso dell’animale, si.
Dato che come sappiamo nella Torà nulla è scritto a caso, quale potrebbe essere anche per noi, per la
nostra vita quotidiana, il messaggio celato dietro a questa sottile, ma importante differenza?
Talenti Ereditati
Uno dei simbolismi e significati del bene ereditario sono le nostre qualità, le cose che Hashèm ci ha
donato nel corso della nostra vita. Questo può essere visto in senso “onnicomprensivo”, materiale,
spirituale, caratteriale. Per questo la Torà si riferisce al concetto dell’eredità, perché vi è una
differenza tra un bene acquistato e uno ereditato. Il primo ci appartiene grazie ai nostri sforzi e la
nostra volontà o possibilità di possederlo, infatti se vogliamo e/o possiamo compriamo una bicicletta,
piuttosto che un pallone, oppure non lo compriamo. Dipende in gran parte da noi. Un bene ereditato,
invece, è un bene che ci appartiene per via di un nostro status, particolare, essere figlio di, discendente
di Tizio o Caio. Noi tutti siamo eredi, in qualche modo, di qualcuno che ci piaccia oppure meno, che
lo vogliamo oppure no, almeno in potenza.
Questo rispecchia un tipo di rapporto e legame con Hashèm. Da questo punto di vista, quello che
abbiamo, o perlomeno una parte di esso, dovrebbe essere impiegato per fini divini. Hashèm, ha
affidato alle nostre cure il corpo talenti spirituali che abbiamo, durante la nostra vita, per poterli
raffinare attraverso il perfezionamento di noi stessi e del mondo che ci circonda. Ne consegue che
non abbiamo alcun “diritto” su ciò che possediamo, tanto da poterne abusare o sprecare a nostra
discrezione. Tuttavia, Hashèm sa benissimo che, tranne alcuni individui particolare, non è possibile
per molti di noi riuscire a santificare tutto ciò che siamo e abbiamo, ma almeno ci chiede una parte di
noi, del nostro campo.
E in particolare, così come noi ereditiamo un campo, perché siamo figli di Hashèm, (ossia in virtù di
un rapporto speciale), allo stesso modo dobbiamo comportarci in maniera speciale con i nostri figli,
senza lesinare mezzi, sacrifici e risorse al fine di educarli nel massimo dei valori spirituali possibili.
Perché l’eredità per eccellenza sono loro, la nostra discendenza, i figli ci permettono di essere in
qualche modo “eterni” in attesa del completamento dell’era messianica. Loro sono il vero “raccolto”,
le primizie” del nostro terreno. Loro vano santificati il più possibile nelle vie di Hashèm.
Parti Animali
Nel secondo brano invece, ci troviamo di fronte a un percorso di santificazione personale diverso. Il
sacrificio del decimo animale simboleggia anche l’aspetto animale di noi stessi. Questo è legato ad
un tipo di rettificazione personale che è frutto di un nostro sforzo, di una nostra iniziativa.
Mentre la donazione di parte del “terreno ereditario” rappresenta, dal punto di vista spirituale, i doni
o talenti che Hashèm ci ha donato e che ci chiede di mettere al servizio di un percorso spirituale; il
“decimo animale”, invece, è legato al servizio di rettificare i nostri “piccoli e grandi difetti”, grazie
alla nostra iniziativa e volontà.
Infatti, sacrificare un animale al tempio significa elevare una parte “animale” e “materiale” legata
all’offerente ed elevarla spiritualmente in alto, cosa simboleggiata dal fuoco e fumo del sacrificio.
Per questo motivo una volta adempiuto un tale impegnativo percorso spirituale di rettificazione, la
persona riceveva il godimento della carne, da subito. Tuttavia, se la persona sostituiva l’animale
sacrificale con un altro (atto vietato dalla Torà) entrambi gli animali venivano comunque consacrati
ad Hashèm. In altre parole se una persona, coinvolta in un suo processo di rettificazione personale,
santificazione della sua parte animale, vedeva la possibilità di aiutare un’altra persona, a priori la cosa
veniva vietata perché non bisognava distrarsi dal processo di miglioramento personale, ma se veniva
fatto, entrambi gli animali, ossia le azioni o i percorsi spirituali, venivano considerati santi.
*
Bekhukotày
Ricompensa e Punizione Correttiva; Donazioni
Levitico da 26, 3 fino a 27, 34
La decima e ultima sezione del libro di Levitico si apre con la promessa di Hashèm a Israèl che se
seguirà le Sue “regole” (bekhukotày, in ebraico), sarà ricompensato con benessere e ricchezza
materiale. Tuttavia, Hashèm ammonisce Israèl che se trascurerà le Sue leggi, perderà le Sue
benedizioni. Poi Egli istruisce il popolo ebraico su cosa, come e in quali circostanze è possibile fare
donazioni al Tempio o ai sacerdoti
*
In determinate circostanze, una persona può donare il proprio campo al Tempio o ai suoi sacerdoti.
Onorare i Nostri Figli
ִ
[Hashèm istruì a Moshè di dire a Israèl] «Se un uomo consacra parte del suo campo ereditato ad
Hashèm». (27, 16)
Perché la Torà dovrebbe permetterci di dare al Tempio o ai suoi sacerdoti i beni che Hashèm stesso
ci ha concesso, non è forse ingrato verso Hashèm dare via un dono che Lui ci ha dato? O forse ci
stiamo sottraendo dalla responsabilità che Egli ha posto su di noi, mettendo queste risorse a nostra
disposizione?
La risposta è che tutti i nostri beni appartengono in verità ad Hashèm, che ce li ha affidati alle nostre
cure per raffinarli durante la nostra vita, solo così potremo perfezionare noi stessi e il mondo. Ne
consegue che non abbiamo alcun “diritto” su ciò che possediamo, tanto da poterne abusare o sprecare
a nostra discrezione.
Se questo è vero, per i nostri beni esterni, è vero, ancor di più, per i nostri talenti e i nostri corpi.
Dobbiamo prenderci cura di loro e guidarli verso fini positivi senza poterne abusare o sprecare.
Questo è tanto più vero per coloro a cui diamo molto più valore di noi stessi: i nostri figli. I nostri
figli appartengono ad Hashèm, che li ha affidati alle nostre cure, affinché noi li educassimo per essere
buoni, retti e santi.
La nostra natura di genitori è di non risparmiare sforzi o spese per cercare ciò che è meglio per i nostri
figli. La nostra priorità più alta dovrebbe essere quella di fornire loro un’educazione ebraica, basata
sui valori eterni della Torà. Questo è il modo migliore sia per garantire la loro felicità, più vera e
duratura, sia per farli diventare il tipo di persone che Hashèm vuole che essi siano.
*
Ogni decimo animale nato deve essere offerto come sacrificio e la sua carne mangiata dal proprietario
e dalla sua famiglia. Il proprietario non può sostituire il decimo animale con un altro, ma se lo fa
entrambi gli animali devono essere considerati parte della decima.
Protezione dal Male
[Hashèm istruì a Moshè di dire a Israèl] «Se [il proprietario del decimo animale] lo sostituisce,
allora sia esso, sia il suo sostituto saranno santi». (27, 33)
Santificare un animale è una buona cosa. Perché, allora, la Torà proibisce al proprietario di sostituire
un altro animale con quello originale (il decimo) se, così facendo, si santificano entrambi comunque?
Dando la decima dai suoi animali, la persona è sollevata dal suo mondo terreno e coinvolto nel sacro
processo di portare l’animale a Gerusalemme e di mangiarlo lì con la sua famiglia. Ciò gli dava
l’opportunità di deliziarsi nella santità del Tempio e di rinnovare la sua fede. La Torà vuole che il
proprietario approfitti di questo, di concentrarsi sul processo, senza distrarsi su un altro animale non
consacrato.
Normalmente, dovremmo seguire questo consiglio e, se siamo coinvolti in uno slancio divino,
dovremmo rimanere concentrati su di esso, senza mettere a repentaglio e sacrificare la nostra crescita
e sviluppo spirituale, per qualche diversivo materiale. Tuttavia, quando altre persone sono in pericolo
spirituale, dobbiamo ignorare questa proibizione per assisterle. In questi casi, la Torà ci assicura che
Hashèm proteggerà sia noi, sia coloro che eleviamo alla santità ed entrambi rimarremo santi,
nonostante la distrazione.

Alcuni punti della lezione:

1. Ci sono tre livelli di relazione con Ha-shem. Il livello servo-padrone, il livello lavoratore-datore e il livello del socio.

2. Nel Pirkè Avot (cap.3) viene detto: “Lo stato ideale per servire Ha-shem NON è per ricevere una ricompensa”. Il concetto di ricompensa sembra quindi deviare l’uomo dalla sua missione in questo mondo. Lo stesso Maimonide precisa che “dobbiamo fare ciò che è vero per una vera ragione”, illustrando con questo pensiero come una mitzvà effettuata unicamente in funzione della ricompensa viene snaturata. Ma qual è allora l’importanza della ricompensa? La Torà infatti dedica una larga porzione della parashà di Bekhukkotay per illustrare la prosperità e le ricchezze materiali che i Israel avranno se seguiranno le mitzvot.

3. Per comprendere il valore della ricompensa occorre indagare i livelli di relazione con Ha-shem, partendo dal presupposto che il rapporto con D-o assume infatti la natura che noi stessi decidiamo di avere con Lui, come se fosse uno specchio. Dal punto di vista teorico lo schiavo, che non ha identità propria nè autonomia, non potrebbe ricevere alcuna ricompensa; neppure il livello del socio potrebbe garantire un immediato tornaconto; il livello del lavoratore prevederebbe invece una ricompensa solo in funzione della durata del contratto.

4. Da una prospettiva giuridica invece ogni tipo di relazione con Ha-shem comporta una ricompensa anche nel mondo presente. Il padrone, secondo il Talmud, deve trattare lo schiavo come sè stesso, secondo il principio “chi compra uno schiavo, compra un padrone”; il pagamento a favore dello schiavo diventa quindi fondamentale. Il datore di lavoro ha un obbligo di nutrire e mantenere il proprio lavoratore, garantendo pertanto il pagamento di quanto dovuto. Anche il socio infine deve essere pagato in funzione del rapporto che ha con il suo partner.

5. Il Maimonide spiega che ogni forma di sostentamento (ricompensa) deve rappresentare uno strumento per compiere ancora più pienamente le mitzvot. Il Rebbe conferma ciò analizzando come il punto di vista giuridico del Talmud stabilisca da un lato il diritto a chiedere la parnassà ad Ha-shem, dall’altro il dovere ad essere animati dalla volontà di fare di più per Lui, nel momento in cui si riceverà questa abbondanza materiale.

Riassunto.
Perché noi mangiamo in questa vita mentre lavoriamo? Il dovere della ricompensa allo schiavo, lavoratore e socio

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Link per ascoltare la lezione (o effettuare il download):

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Questo Shabbat 27 IYÀR 5782 28 Maggio 2022, leggeremo la Parashà di Bechukkotài

Lev 26:3-27:34

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Milano/Torino/Sefarditi/Ashkenaziti Ger 16:19-17:14

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